XXXI Domenica del Tempo Ordinario

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02 - Nov - 2019
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XXXI Domenica del Tempo Ordinario

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Forse siamo abituati a pensare che le persone (noi compresi) non possano cambiare. A volte è persino una argomentazione per continuare a vivere come si sta facendo: sono fatto così. O per chiudere il discorso su qualcuno: è fatto così. Siamo abituati alle notizie di male e di ingiustizia: il mondo è fatto così. Abbiamo uno sguardo disincantato che ci toglie ogni attesa di novità. Forse per questo la festa dei Santi ci sembra la memoria di storie altrui, molto diverse dal solito, mentre la commemorazione dei defunti ci sembra solo un doveroso ricordo per chi già ha attraversato la morte, che aspetta tutti inesorabile: la vita è fatta così.

Il Vangelo di questa domenica racconta tutta un’altra storia che, anche se non ce ne accorgiamo, accade continuamente: le persone cambiano, il mondo cambia, noi cambiamo, persino la morte è trasformata. Il protagonista di questa storia è Zaccheo, un uomo ricco (e questa per il Vangelo di Luca è la peggiore delle condizioni perché chiude il cuore agli uomini e a Dio), capo dei pubblicani (deve quindi la sua ricchezza all’ingiustizia e al tradimento), basso di statura (che nella fisiognomica del tempo indicava l’essere ridicoli, cosa che accade spesso quando ci si gonfia della propria posizione credendosi chissà che cosa), ma animato da un curioso desiderio: vuole vedere Gesù. Questa unica caratteristica, un dettaglio irrilevante rispetto al resto, diventa l’occasione per incrociare lo sguardo con Gesù, che subito vuole fermarsi presso di lui.

L’atteggiamento di Gesù scandalizza molti, perché non bisogna cercare la compagnia dei peccatori, tenersi lontano da loro. Perché Gesù non lo fa? Perché vuole fermarsi da un uomo simile? Gesù, nel guardare Zaccheo, ha visto altro dal suo peccato. Ha avuto verso di lui lo stesso atteggiamento che il libro della Sapienza attribuisce a Dio: ha compassione di tutti, chiude gli occhi sui peccati aspettando la conversione, non prova disgusto per nulla di ciò che ha creato, corregge a poco a poco quelli che sbagliano perché, abbandonato il male, credano.

Dio non disprezza mai ciò che siamo. Dona il suo Spirito continuamente perché (come scritto nella lettera ai Tessalonicesi) ogni proposito di bene che ci abita (fosse anche piccolissimo) giunga a compimento: magari è solo la curiosità di vedere Gesù ma Dio vi vede l’occasione per fermarsi con noi e darci una nuova possibilità di essere degni della sua chiamata. Non facciamoci allarmare dunque da altri discorsi che ci confondono la mente dicendoci che Dio condanna o che non è possibile sperare né per noi né per il mondo, come se il tempo in cui Dio agisce fosse finito.

Fermiamoci invece, come Zaccheo, davanti a Gesù che condivide con noi la nostra casa, il nostro spazio, le nostre fatiche. Il suo amore può cambiarci il cuore, convertirci. Il segno della conversione saranno gesti di giustizia insperabili: Zaccheo va ben oltre la legge restituendo non quanto ha rubato ma quattro volte tanto e inoltre dà la metà di quanto possiede ai poveri. La conversione dal peccato e dall’ingiustizia, in cui continuamente (seppure diversamente) rischiamo di ricadere, si concretizza nell’usare ciò che abbiamo accumulato ingiustamente (tempo, beni materiali, risorse culturali, riposo, influenza sociale o ecclesiale, fama, ecc…) per togliere altri dalla povertà e per rimediare ai torti fatti (possibilmente verso le stesse persone cui li abbiamo fatti e facendo di ciò che abbiamo accumulato ingiustamente proprio una risorsa per fare del bene).

Purtroppo, invece, a volte la conversione ci spinge a voler essere diversi da prima per meritarci l’amore ricevuto, a voler diventare finalmente ineccepibili. La conseguenza spesso è l’intransigenza e la mancanza di misericordia, per non parlare dell’incapacità di accettare la debolezza che abbiamo e che vorremmo rimuovere e negare per essere finalmente “buoni”. Come se per ricambiare l’amore di qualcuno invece che amarlo, dovessimo comportarci sempre come gli piace…finiremmo per passare il tempo a pensare a noi stessi (come sono vestito, cosa dico, cosa faccio, come mi comporto), ma questo non sarebbe più amore, che invece sempre ci fa pensare a come l’amato è bello vestito così, a cogliere le sfumature del suo parlare, a chiederci perché si comporta in un certo modo e ammirare ciò che fa. Da questo stare rivolti sorgeranno anche i nostri gesti e i nostri comportamenti e allora nasceranno dall’amore.

Incrociare davvero lo sguardo di Gesù significa scoprire che noi siamo ben altro dal nostro peccato e dal nostro limite: siamo ciò che Dio desidera al punto da aver mandato il suo figlio. Non abbiamo bisogno di sforzarci di essere buoni (tanto meno ineccepibili), ma solo di lasciarci attrarre da questo sguardo che è capace di insegnarci la misericordia che realizza la giustizia. Da qui la gioia che il salmo ci insegna: misericordioso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore, fedele nelle parole, buono nelle opere, egli sostiene chi vacilla e rialza chi è caduto. Come non benedirlo ogni giorno e lodare il suo nome sempre?

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