XXVI Domenica del Tempo Ordinario

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28 - Set - 2019
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XXVI Domenica del Tempo Ordinario

Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa

Anche il Vangelo di questa domenica torna sul tema del corretto rapporto con la ricchezza e anche questa volta abbiamo una parabola, che ha come scopo di aiutare a riflettere su che cosa convenga davvero. Il ricco della parabola infatti prospera in un lusso descritto con dovizia di particolari ed è talmente immerso nel suo mondo da non accorgersi nemmeno delle sofferenze disumane di chi gli sta davanti alla porta e che quindi vede ogni volta che esce ed entra in casa. Questo personaggio si accosta a quelli che il profeta Amos chiama “gli spensierati di Sion” che banchettano, bevono, si ricoprono di unguento e improvvisano sulla cetra come fossero Davide (sembra di cogliere una sfumatura ironica che rimarchi come questi si pensino ben più di quello che sono, perché la ricchezza spesso fa sovrastimare chi la possiede). La colpa di questi, come del ricco della parabola, non sembra essere la ricchezza in sé ma il fatto che non si preoccupano gli uni della rovina di Giuseppe (cioè del popolo) e l’altro del povero che ha davanti casa.

Come già notato altre volte scorrendo il terzo Vangelo, si deve sottolineare che non è la ricchezza ad essere un problema, ma che facilmente può diventarlo, perché il cuore dell’uomo si attacca ad essa e pur di goderne e mantenerla non si cura più di chi soffre, perdendo la misura di sé e della propria vita. Ci si inganna, pensando di bastare a se stessi e di salvarsi grazie al denaro che si possiede, senza bisogno che gli altri vivano e senza preoccuparsene. Il monito di Amos è terribile: finiranno in esilio. L’immagine di Gesù è ancora più dura: il povero sperimenterà la pace e la gioia nella vita di Dio, il ricco privo di ogni pietà sarà nei tormenti. La storia finisce così con un “rovesciamento” delle sorti, tipico del Vangelo di Luca. Chi ha sofferto ora è nella gioia e chi ha goduto soffre, perché non ha saputo privarsi nemmeno delle briciole di cui l’altro si sarebbe accontentato.
Magari questo rovesciamento non riguarda solo la vita in Dio, ma anche il momento presente. Forse si può essere nei tormenti anche mentre si godono i lussi, perché in fondo il prezzo da pagare in disumanità è pesantissimo. Per vivere in questa condizione infatti bisogna arrivare ad ignorare le sofferenze altrui, a non percepire più l’ingiustizia, a non pensare più di se stessi se non in termini economici e di benessere. Chi vive così perde molto di sé e delle possibilità che la vita offre.
D’altra parte, sembra di sentire parlare delle nostre società, così ineguali e ingiuste e del sistema economico mondiale. Quanti popoli sono insensibili alle sofferenze di quelli che non hanno altre possibilità che soffrire? Quanti governi e aziende sono insensibili ai danni causati dall’inquinamento che già colpiscono tantissimi e rischiano di colpire tutti? Quanti benestanti ignorano le fatiche dei poveri e quanti che hanno risorse economiche in abbondanza sfruttano chi non ne ha tramite rapporti di lavoro non dignitosi?
A volte ci dà fastidio anche che ci chiedano le briciole. Ma il prezzo da pagare per questa insensibilità è l’isolamento, la paura, la distruzione dell’ambiente, l’incapacità di provare compassione e di soccorrere. Perdiamo molto, per guadagnare un banchetto o un coppa larga o per far sfoggiare ricche vesti? Ma tutto questo non dura e non salva.
L’invito di Gesù è a convertirsi, ad ascoltare la Parola per vivere secondo la logica dell’amore e della condivisione. Come se ci dicesse, usando le parole della prima lettera a Timoteo: “tu, donna o uomo di Dio, evita queste cose e tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza”. Così infatti combattiamo la buona battaglia della fede e non scambiamo una ricchezza che dura poco per quello che ci può salvare. Invece davanti ai bisognosi che incontriamo ciò che possediamo (denaro, tempo, capacità, affetto) diventa una vera ricchezza, perché possiamo investirla per far vivere.
Ci accorgiamo di questo però solo se crediamo alla Parola di Dio, perché questa, che sembra così fragile e leggera, è capace di aprirci gli occhi per poter vedere la realtà più profondamente fino a trasformarla e farci scoprire nei bisognosi la risorsa che non ci fa sciupare i nostri beni. Accogliere questa Parola ci salva, perché ci cambia la comprensione del mondo, la valutazione delle cose e lo stile di vita. Se il ricco della parabola avesse ascoltato la legge non avrebbe confidato in un’illusione e non avrebbe inflitto sofferenze. Una parola sembra niente ma fa la differenza fra l’entrare nella vita o rimanerne fuori.
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