XXIX Domenica del Tempo Ordinario

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19 - Ott - 2019
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

 …Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XXIX Domenica del Tempo Ordinario

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Dopo due domeniche di riflessione sulla fede – seguendo l’andamento del racconto di Luca – la liturgia si ferma ora sulla preghiera. Leggevamo nel Vangelo di domenica scorsa che di dieci lebbrosi guariti solo uno si salva, perché solo uno è capace di cogliere dentro il dono della guarigione l’amore del Padre e così torna da Gesù per rendere gloria a Dio. Potremmo dire che non tutti si accorgono che la salute, gli affetti, le capacità, la bellezza che abbiamo intorno, i sentimenti, l’intelligenza, le possibilità quotidiane, la vita insomma non è fine a se stessa, ma rimanda a Colui che (come dice il salmo) continuamente ci custodisce, non ci fa vacillare, ci fa da riparo. La fede è la condizione di chi non fa tanto attenzione ai doni, che pure sono importanti, ma al volto di Colui che nei doni ci ama.

La preghiera segue la stessa dinamica. Non prega veramente chi si aspetta qualcosa. Chi prega in questo modo smetterà, perché i doni che chiediamo molto spesso non arrivano e altre volte è facile e giusto procurarseli con l’impegno e l’intelligenza. La preghiera non consiste nel chiedere a Dio ciò di cui abbiamo bisogno. Questo è un istinto naturale che somiglia all’atteggiamento dei nove lebbrosi che cercano la salute, ma la preghiera che viene dalla fede va compresa in altro modo.
Questa infatti, possibile solo a chi crede e per lui inevitabile, consiste nello stare costantemente davanti a Dio, senza coperture, aprendogli completamente la nostra interiorità mentre impariamo a guardarla proprio così come la guarda lui. Pregare quindi non significa chiedere ossessivamente qualche bene quanto piuttosto porsi continuamente davanti a Dio per ottenere la giustizia del nostro cuore, del cuore altrui e della realtà intorno a noi. Poiché si tratta di un atteggiamento continuo, non di qualche momento, l’insistenza della vedova nella parabola raccontata da Gesù è istruttiva: persino se chi ci può aiutare è malvagio non si smette di stargli davanti se si ha davvero bisogno, figuriamoci se sappiamo che egli ci ama infinitamente!
Se il cuore non si nasconde, non teme la conversione e l’amore, perché come la vedova sa che da questo dipende la sua vita (infatti ciò di cui abbiamo un bisogno estremo è solo vivere secondo la logica di Dio), Dio prontamente fa giustizia. Si tratta di una lotta, come ci ricorda la prima lettura: ci stanchiamo, abbiamo bisogno di sederci e di altri che ci aiutino. Non è facile reggere la verità della nostra storia e del nostro cuore (vale per i singoli, per la chiesa e per il mondo intero), vorremmo essere migliori, diversi, abbiamo paura di dove l’amore e la giustizia ci possono condurre, ma perseverare ci porterà alla vittoria.
La seconda lettura ci dice infine quale sia concretamente lo strumento che ci permette di fare tutto questo e quindi mettere il nostro vissuto davanti a Dio per essere resi giusti: la Scrittura. Quando si chiede qualcosa a Dio (anche di buono, come i nove lebbrosi) non si ascolta lui: la nostra vita e il nostro cuore restano quello che sono, sia che otteniamo il dono, sia che non lo otteniamo. Quando invece si scrutano le Scritture (beati quelli che come Timoteo l’hanno fatto fin dall’infanzia!), queste istruiscono, guidano, correggono, cambiano le prospettive, aprono percorsi, rinnovano…in un lavorio che rende “l’uomo (e la donna) di Dio completo e ben preparato in ogni opera buona”. E così la preghiera non diventa mai la copertura per le ingiustizie, una celebrazione di noi stessi o la frustrazione legata ai doni che non abbiamo, si mescola invece con la vita e con il cuore, perché l’ascolto credente delle Scritture trasforma i sentimenti, le idee e le azioni, innescando nella storia quel dinamismo di vita infallibile che conduce il mondo verso il Regno.
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