XXV Domenica T.O. (A)

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19 - Set - 2020
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

XXV Domenica T.O. (A)

(Is 55,6-9   Sal 144   Fil 1,20-24.27   Mt 20,1-16)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

La parabola degli operai chiamati a lavorare nella vigna in momenti diversi (siamo arrivati al capitolo 20 del primo Vangelo) ci dice qualcosa su Dio, ma soprattutto su di noi e su che cosa è necessario per vivere secondo la logica del Regno, ovvero da fratelli e sorelle. Domenica scorsa la parabola del servo spietato ci mostrava un Dio che abbuona i debiti, contro il proprio interesse, e ci metteva in guardia contro il nostro senso di giustizia che, pure a ragione, pretende il debito degli altri. Sapere di essere sulla stessa barca di tutti, sapere di essere uno/a cui anzitutto è stato rimesso un debito enorme, ci può aiutare a porci di fronte all’altro/a in debito secondo la logica del Regno: abbuonando il debito stesso, come Dio fa con noi. Meglio guadagnare il fratello o la sorella, che i pochi spiccioli che ci deve o l’affermazione di una giustizia che poi non è mai così certa.

La parabola di questa domenica sembra proseguire sulla stessa linea: Dio non sa fare i conti, non sa guadagnare, non sa capitalizzare, né ottimizzare le spese. Non sembra un bravo imprenditore, oppure è il migliore, secondo altre regole da quelle che abbiamo imparato noi. A ciascuno che si mette al lavoro per lui (lavoro che, come ci descrive la lettera ai Filippesi, dovrebbe coincidere con il nostro stesso vivere totalmente teso a portare frutto per qualcuno) Dio dà un salario che permette di vivere. Non misura il tempo trascorso al suo servizio, non si preoccupa della quantità del lavoro svolto, si preoccupa che chi ha voluto lavorare nella sua vigna abbia la vita.
Questo perché (bellissima la prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia) le sue vie non sono le nostre vie e i suoi pensieri non sono i nostri. Noi facciamo classifiche che vogliamo scalare e cerchiamo il guadagno personale, come l’affermazione di noi stessi tramite le nostre prestazioni e le opere che lasciamo. Abbiamo bisogno di porci sopra gli altri e di saper guadagnare di più o fare le cose meglio o vivere meglio di loro e avere più successo. Tutto questo ci lascia in bocca il sapore della soddisfazione e crediamo che Dio ragioni così, o meglio: non è più importante ciò che Dio pensa perché ci siamo costruiti vita e salvezza con le nostre mani mentre gli altri, almeno alcuni, sono certamente meno meritevoli e questo ci rassicura sul nostro valore, costruito però sull’allontanamento e la differenza con l’altro.
Questa pagina di Vangelo, al contrario, ci insegna di nuovo la fraternità (e la sororità): Dio non vuole che nessuno si perda, vuole che tutti siano nella sua vigna (li cerca in continuazione, a tutte le ore, non gli importa se l’impresa vale il guadagno) e vuole che tutti finiscano la giornata con quello che serve per vivere. Vuole che tutti vivano. A noi è chiesto di assumere lo sguardo del Padre: riconoscere l’altro come uno che non va perduto, che va portato ad ogni costo al lavoro nella vigna perché non senta l’amarezza e la solitudine, che va gratificato con ciò che serve per vivere, perché sopra ad ogni giustizia, al di là di ogni logica contabile, non vogliamo perdere nessuno e vogliamo che tutti vivano.
Si può avere questo cuore, solo quando ci si accorge che Dio ha trattato noi con questa stessa generosità, che non abbiamo alcun vanto davanti a lui, che le opere che abbiamo fatto o le relazioni che abbiamo non sono frutto anzitutto del nostro impegno e delle nostre capacità, ma un dono, un lavoro nella vigna che ci è stato offerto quando nessuno ci aveva preso, come se fossimo noi gli ultimi a dover meritare una ricompensa. Così saremo i primi, cioè quelli che pensano con i pensieri di Dio e percorrono le sue vie, quelli che hanno il suo cuore la cui grandezza smisurata (come ci invita a riconoscere il salmo) si vede nella misericordia e nella pietà, nell’amore e nella tenerezza, che sono l’unica giustizia che lui conosca, l’unico capitale che valga la pena accumulare o contare.
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