XIII Domenica T.O. (A)

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26 - Giu - 2020
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

XIII Domenica T.O.(A)

(2Re 4,8-11.14-16   Sal 88   Rm 6,3-4.8-11   Mt 10,37-42)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Questa domenica ci consegna la fine del discorso missionario riportato dal Vangelo di Matteo al capitolo decimo. Purtroppo fra il Vangelo di domenica scorsa e quello di oggi ci sono dei versetti che non vengono riportati, ma che è bene ricordare. Gesù chiude il discorso sulla persecuzione (che abbiamo visto domenica scorsa) dicendo che lui non è venuto a portare la pace sulla terra, perché il Vangelo è segno di contraddizione che porta a schierarsi apertamente e questo causa divisioni (come ogni scelta decisa per il bene e la giustizia). Come se non bastasse, Gesù ricorda quanto già detto e cioè che queste sofferenze ci possono venire inflitte da quelli di casa, da quelli che amiamo, e quindi, potremmo allargare, dalla chiesa stessa quando cerchiamo di servirla. Proprio a questo punto ci ricorda che (e qui inizia il brano di questa domenica)  chi ama quelli della propria casa (gli intimi) più di lui non è degno di lui. Penso si possa tradurre così: il Vangelo deve valere per te più di tutte le relazioni che vivi, non perché puoi o vuoi smettere di amare, ma perché dovendo scegliere fra l’essere odiato da chi ami e il Vangelo, scegli comunque il Vangelo. Ed ecco il detto successivo: chi non prende la croce e mi segue non è degno di me. Cioè: la tua vita di ogni giorno (comprese le sofferenze che derivassero dalle persecuzioni di chi ami) deve essere sotto il segno della croce, cioè deve essere vissuta, compresa e agita alla luce del Vangelo e della speranza che la croce di Cristo ci dà. Gesù ha così la pretesa di dare senso a tutto, di dare forma a tutto, di dare fondamento e ordine a tutto: ogni amore, ogni azione, tutto ciò che siamo deve girare intorno al nostro cuore profondo, consegnato al Vangelo. E questo si fa evidente quando, qualsiasi cosa succeda, l’unica cosa che non siamo disposti a rinnegare è proprio il Vangelo.

Nella seconda lettura (ancora una straordinaria pericope della lettera ai Romani) Paolo esprime questo dicendoci che chi è battezzato è sepolto (ovvero è morto a ciò che era prima) e ora vive per Dio in Cristo Gesù, camminando in una vita nuova. Diventando credenti, cioè, cambia il nostro orizzonte e tutto ciò che siamo si riorganizza intorno ad altre priorità trasformandosi, come quando i bambini crescono e improvvisamente abbandonano i giochi e si interessano ad altro, riorganizzando la giornata, le relazioni e i discorsi: sono morti a ciò che era prima per nascere di nuovo. Durante la crescita accade molte volte. Questo processo sul momento comporta una perdita, ma si rivela come un guadagno incommensurabile: chi perde la vita per causa mia – continua Gesù – la troverà.
Il discorso missionario si chiude infine parlando dell’accoglienza di quelli che vengono inviati dei quali viene dato anche un singolare ritratto. Essi sono profeti, giusti (per il Vangelo di Matteo la giustizia è molto importante, perché indica l’osservanza profonda della legge e quindi della logica di Dio) e piccoli.
L’accoglienza avrà una ricompensa, perché Dio è generoso con chi dimostra di amarlo e questo non perché segua le nostre logiche meschine che facciamo favori a chi ce li fa, ma perché l’amore non sa resistere nel ricambiare l’accoglienza e il dono, quindi quando Dio si vede accolto da chi ama ricambia con grande abbondanza (come ci mostra il racconto della prima lettura che vede protagonista il profeta Eliseo), come un innamorato che finalmente si vede corrisposto.
Dio però sembra possa essere accolto (e quindi ricambiato nel suo amore che ci viene a cercare) proprio in quelli che Gesù manda, nei quali si accoglie Gesù stesso (e accogliendo Gesù si accoglie Dio). Può sembrare troppo facile, ma funziona proprio così. Dio vuole essere amato in quelli che manda, nei profeti e nei giusti, ma soprattutto nei piccoli con cui si identifica, per cui chi sa tendere l’orecchio alla testimonianza che i piccoli sanno dare, può accogliere la parola viva di Dio e ai suoi occhi si farà evidente la verità del Vangelo. Bisogna avere la saggezza della donna che riconosceva in Eliseo un santo e un uomo di Dio e quindi si riteneva onorata della sua presenza e voleva dagli uno spazio tutto per sé: essa ha accolto Dio stesso accogliendo lui, perché ha avuto occhi capaci di riconoscere chi era che lo mandava, e per lei è scaturita la vita là dove nemmeno l’aspettava più.
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