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25 - Giu - 2021

XIII Domenica T.O. (B)

Tempo Ordinario

XIII Domenica

Tempo Ordinario anno B

(Sap 1,13-15; 2,23-24   Sal 29   2Cor 8,7.9.13-15   Mc 5,21-43)
Domenica 27 Giugno 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

“Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza”, così leggiamo nella prima lettura di questa domenica, costituita da pochi versetti tratti da due diversi capitoli del libro della Sapienza. La morte viene riconosciuta come estranea al mondo, seppure così quotidiana e scontata per tutti, mentre si afferma con forza che tutto è stato creato per vivere. Se guardiamo la realtà potremmo giungere alla conclusione opposta: tutto muore, prima o poi, e tutto sembra essere avvelenato al punto che molto spesso gli esseri umani e le diverse situazioni amplificano il potere della morte. Di fronte a questi fatti, lo sguardo di fede dell’autore del libro della Sapienza coglie altro: poiché Dio ha creato le cose perché esistano, le creature sono portatrici di salvezza. Proprio le creature fragili ed esposte alla morte diventano il luogo della salvezza e della vita e riducendo la supremazia della morte a una vittoria provvisoria e marginale.

Il racconto del Vangelo può aiutarci a cogliere come tutto questo possa accadere. Marco racconta la guarigione della donna che aveva perdite di sangue incorniciandolo con un altro racconto: quello della resurrezione della figlia di Giairo. Quando gli evangelisti usano questo sistema narrativo, bisogna ricordare che l’episodio fondamentale è quello al centro che diventa capace di illuminare anche l’altro. Gesù viene chiamato perché una ragazzina sta morendo e decide di andare. Mentre va, pigiato dalla folla da ogni parte, sente una forza uscire da lui e comprende che qualcuno lo ha toccato in modo diverso dagli altri. Si ferma e vuole sapere chi è stato. Che cosa sta cercando Gesù? Dopo i tanti miracoli fatti all’inizio del Vangelo fino alla guarigione del lebbroso che lo aveva ostacolato nella possibilità di predicare, Gesù era diventato più cauto: pochi prodigi fatti per dimostrare la potenza di Dio e la propria autorità (l’uomo dalla mano inaridita in sinagoga e il paralitico nella casa). Ora, però, si è deciso ad andare dalla figlia di Giairo e mentre sta andando qualcuno ottiene che una forza esca da lui e per questo si ferma: chi mi ha toccato in modo da essere capace di fare questo? Quando la donna, impaurita e tremante, gli racconta la propria disperazione e ciò che ha fatto, Gesù riconosce che è la fede a dare senso ai miracoli: i segni di per sé possono essere anche controproducenti se ci si limita al beneficio immediato, mentre la fede che apre al dono di Dio è decisiva per la salvezza al di là di ogni beneficio immediato. E infatti quando vengono dalla casa di Giairo a dire che la bambina è morta, Gesù gli ripete l’essenziale che ha appena compreso: tu abbi fede.

Non importa ciò che accade, per quanto possa terribile o difficile, ciò che conta è questa apertura al dono di Dio, questa ossessiva e caparbia ricerca della vita: l’emorroissa aveva sperperato i propri beni pur di guarire, stimando la vita più del denaro, e ora si pigia addosso a Gesù, stimando la vita più del disprezzo, del rimprovero e persino delle punizioni possibili. Gesù, la cui forza è stata strappata dalla testardaggine di lei, si nutre di questa sua volontà di vita e la insegna a Giairo: di fronte alla morte di tua figlia, di fronte all’orrore più grande, tu tieni aperto il cuore al Dio della vita e cerca la vita.

Sembra accadere fra loro ciò che la seconda lettura insegna sulla condivisione del denaro: chiunque ha in abbondanza deve dare ad altri perché non siano nell’indigenza e ricevere da loro nel momento in cui toccasse a lui avere bisogno. Le creature non hanno in sé veleno di morte, ma portano la salvezza se continuamente si offrono in dono ciò che hanno in abbondanza, in modo che tutte vivano (perché là dove c’è qualcuno nell’abbondanza c’è sempre anche qualcuno che soffre). Così accade fra i protagonisti del Vangelo: Gesù che ha in abbondanza la possibilità di far vivere dona la sua forza e allo stesso tempo riceve un insegnamento decisivo da questa sorella tremante e indomabile. E subito il Signore dona ciò che ha ricevuto a Giairo e poi dà vita alla bambina. D’altra parte è proprio la malattia della bambina e la ricerca della vita da parte di suo padre che danno all’emorroissa la possibilità di toccare Gesù. Davanti a questa scena possiamo cogliere allora – mi sembra – come si dispieghi la potenza salvatrice di Dio, nel quotidiano camminare e soffrire di quelli e quelle che si incontrano e scelgono la vita, sempre e comunque, ad ogni costo, contro ogni evidenza, al di là di ogni ragionevole speranza. E così cercando la vita rendono a Dio l’onore più grande, perché riconoscono (con le parole della prima lettura) che “Dio non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi”, ma (riprendendo il canto al Vangelo) è colui che vince la morte e fa risplendere la vita.

26 - Giu - 2020

XIII Domenica T.O. (A)

Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

XIII Domenica T.O.(A)

(2Re 4,8-11.14-16   Sal 88   Rm 6,3-4.8-11   Mt 10,37-42)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Questa domenica ci consegna la fine del discorso missionario riportato dal Vangelo di Matteo al capitolo decimo. Purtroppo fra il Vangelo di domenica scorsa e quello di oggi ci sono dei versetti che non vengono riportati, ma che è bene ricordare. Gesù chiude il discorso sulla persecuzione (che abbiamo visto domenica scorsa) dicendo che lui non è venuto a portare la pace sulla terra, perché il Vangelo è segno di contraddizione che porta a schierarsi apertamente e questo causa divisioni (come ogni scelta decisa per il bene e la giustizia). Come se non bastasse, Gesù ricorda quanto già detto e cioè che queste sofferenze ci possono venire inflitte da quelli di casa, da quelli che amiamo, e quindi, potremmo allargare, dalla chiesa stessa quando cerchiamo di servirla. Proprio a questo punto ci ricorda che (e qui inizia il brano di questa domenica)  chi ama quelli della propria casa (gli intimi) più di lui non è degno di lui. Penso si possa tradurre così: il Vangelo deve valere per te più di tutte le relazioni che vivi, non perché puoi o vuoi smettere di amare, ma perché dovendo scegliere fra l’essere odiato da chi ami e il Vangelo, scegli comunque il Vangelo. Ed ecco il detto successivo: chi non prende la croce e mi segue non è degno di me. Cioè: la tua vita di ogni giorno (comprese le sofferenze che derivassero dalle persecuzioni di chi ami) deve essere sotto il segno della croce, cioè deve essere vissuta, compresa e agita alla luce del Vangelo e della speranza che la croce di Cristo ci dà. Gesù ha così la pretesa di dare senso a tutto, di dare forma a tutto, di dare fondamento e ordine a tutto: ogni amore, ogni azione, tutto ciò che siamo deve girare intorno al nostro cuore profondo, consegnato al Vangelo. E questo si fa evidente quando, qualsiasi cosa succeda, l’unica cosa che non siamo disposti a rinnegare è proprio il Vangelo.

Nella seconda lettura (ancora una straordinaria pericope della lettera ai Romani) Paolo esprime questo dicendoci che chi è battezzato è sepolto (ovvero è morto a ciò che era prima) e ora vive per Dio in Cristo Gesù, camminando in una vita nuova. Diventando credenti, cioè, cambia il nostro orizzonte e tutto ciò che siamo si riorganizza intorno ad altre priorità trasformandosi, come quando i bambini crescono e improvvisamente abbandonano i giochi e si interessano ad altro, riorganizzando la giornata, le relazioni e i discorsi: sono morti a ciò che era prima per nascere di nuovo. Durante la crescita accade molte volte. Questo processo sul momento comporta una perdita, ma si rivela come un guadagno incommensurabile: chi perde la vita per causa mia – continua Gesù – la troverà.
Il discorso missionario si chiude infine parlando dell’accoglienza di quelli che vengono inviati dei quali viene dato anche un singolare ritratto. Essi sono profeti, giusti (per il Vangelo di Matteo la giustizia è molto importante, perché indica l’osservanza profonda della legge e quindi della logica di Dio) e piccoli.
L’accoglienza avrà una ricompensa, perché Dio è generoso con chi dimostra di amarlo e questo non perché segua le nostre logiche meschine che facciamo favori a chi ce li fa, ma perché l’amore non sa resistere nel ricambiare l’accoglienza e il dono, quindi quando Dio si vede accolto da chi ama ricambia con grande abbondanza (come ci mostra il racconto della prima lettura che vede protagonista il profeta Eliseo), come un innamorato che finalmente si vede corrisposto.
Dio però sembra possa essere accolto (e quindi ricambiato nel suo amore che ci viene a cercare) proprio in quelli che Gesù manda, nei quali si accoglie Gesù stesso (e accogliendo Gesù si accoglie Dio). Può sembrare troppo facile, ma funziona proprio così. Dio vuole essere amato in quelli che manda, nei profeti e nei giusti, ma soprattutto nei piccoli con cui si identifica, per cui chi sa tendere l’orecchio alla testimonianza che i piccoli sanno dare, può accogliere la parola viva di Dio e ai suoi occhi si farà evidente la verità del Vangelo. Bisogna avere la saggezza della donna che riconosceva in Eliseo un santo e un uomo di Dio e quindi si riteneva onorata della sua presenza e voleva dagli uno spazio tutto per sé: essa ha accolto Dio stesso accogliendo lui, perché ha avuto occhi capaci di riconoscere chi era che lo mandava, e per lei è scaturita la vita là dove nemmeno l’aspettava più.
29 - Giu - 2019

dalla mente al cuore, dall’orecchio alle mani …- XIII T.O.

Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XIII Domenica del Tempo Ordinario

Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa

 Il Vangelo di Luca è segnato in modo netto dalla decisione di Gesù di andare a Gerusalemme. Dal momento in cui Gesù decide di fare questo viaggio infatti, il racconto viene ambientato tutto sulla strada, che diventa una lunghissima immagine della vita credente: essere cristiani è camminare con Gesù verso la sua Pasqua. Lungo il cammino, quello raccontato dal Vangelo e il nostro, si fanno incontri, si dicono parole, accadono eventi. Un addestramento per poter arrivare anche noi a consegnare la nostra vita per amore, come ha fatto Gesù alla fine del proprio cammino.
Per poter fare questo Gesù ci invita a staccarsi da ciò che ci fa sentire al sicuro: il padre da seppellire, come i cari da salutare rappresentano le sicurezze e le relazioni che ci danno identità. Il discepolo deve ricevere la propria identità dalla relazione con Cristo, quindi tutto ciò che sentiamo di essere va rivisitato. Accade come quando ci si innamora: tutto ciò che viviamo cambia significato, ordine di importanza, modalità. Siamo sempre noi stessi, ma il nostro mondo viene riorganizzato. Allo stesso modo Gesù non ci invita ad una disumana dimenticanza di chi amiamo, ma ad accettare che tutta la nostra vita, comprese le relazioni fondamentali, i mezzi di sussistenza, la salute, il lavoro, il ruolo ecclesiale, tutto, prenda senso solo dal nostro seguire Gesù.
Tutto ciò che siamo e facciamo, come anche la nostra storia, viene posto sotto una nuova luce, l’amore del Padre, che diventa l’unico luogo in cui posare il capo e l’unico riferimento per ogni nostro bene e ogni nostro amore.

Accade a ciascun credente quanto successo ad Eliseo: mentre facciamo la nostra vita (Eliseo è in casa sua, fra i suoi familiari e fa il suo lavoro) l’incontro con il Dio vivo ci trasforma. Non tutti cambiamo attività o casa o relazioni, come accade al profeta, ma tutti cambiamo vita, perché la fede trasfigura tutto di noi, rendendoci, qualunque cosa facciamo, una profezia vivente. Magari resta tutto uguale ma niente lo è più, come quando ci si innamora, come quando nascono i figli.

Unica legge di questo cammino, che significa tutto di noi, è l’amore del prossimo, perché si può andare dietro a Gesù solo facendo come lui, amando, guarendo, beneficando, chinandosi cioè sul bene di chi ci è posto di fronte e accanto, pronti a tutto purché viva, anche ad andare decisamente verso Gerusalemme.