Corpus Domini (A)

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13 - Giu - 2020

Corpus Domini

Corpus Domini (A)

(Dt 8,2-3.14-16   Sal 147   1Cor 10,16-17   Gv 6,51-58)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il mistero della Trinità, che abbiamo contemplato domenica scorsa, ci mostra l’unica vita condivisa da Padre, Figlio e Spirito, intrecciati in relazioni inestricabili, libere e liberanti. Abbiamo visto che questa vita d’amore che lega i Tre in perfetta unità è offerta anche a noi, perché anche noi viviamo di relazioni inestricabili e libere con Dio e fra di noi. Il mistero del Corpus Domini, che celebriamo in questa domenica, può essere visto come l’evidenza del nostro coinvolgimento nella vita di Dio: come i Tre vivono l’uno con l’altro e l’uno nell’altro, così si offrono a noi, per vivere in noi e lasciarci vivere in loro, e questo accade corporalmente quando ci raduniamo per celebrare la cena del Signore e mangiamo il pane e il vino che realizzano la presenza di lui.

Nel Vangelo di Giovanni (al termine del lungo discorso sul pane di vita riportato al capitolo sesto) leggiamo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me”. Nutrirsi del Signore vuol dire infatti farlo abitare in noi e allo stesso tempo abitare in lui, in una reciproca inabitazione che richiama in tutto e per tutto quella che c’è fra Padre e Figlio. L’unica vita che loro condividono viene offerta a noi e così anche noi la condividiamo con loro e fra di noi.
Per avere questa vita, però, occorre mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue. Che cosa significa questo? Ci possono aiutare le letture di questo giorno, cominciando dalla prima nella quale leggiamo: non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca del Signore. Mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue dunque significa anzitutto fare nostre le sue Parole, vivere il suo Vangelo, non dimenticare l’opera di Dio, ma celebrarlo continuamente con la concretezza del nostro vivere. Mangiare Gesù significa vivere di lui (esattamente come siamo tenuti in vita e in forze dal cibo che mangiamo) ovvero vivere del suo mistero, del suo insegnamento, del suo amore, e assimilarlo al punto da farlo nostro. Come il cibo che mangiamo si trasforma in tessuti, organi ed energia, così la parola di lui, la contemplazione della sua vita, si trasforma in ciò che ci costituisce, nei nostri gesti, nelle nostre parole. Mangiamo lui per diventare lui.
La seconda lettura, poi, tratta dalla prima lettera ai Corinzi, ci ricorda che mangiare la carne di Gesù e berne il sangue significa celebrare il gesto che lui ci ha lasciato in segno di perenne alleanza: il suo pane da spezzare insieme e il suo vino da bere insieme. Fare questo gesto rende presente il Signore tanto che noi possiamo mangiare di lui, nutrirci del suo pane e dissetarci del suo vino, e mangiando di lui, diventiamo capaci di ripetere il suo gesto nella vita, spezzandoci per altri e offrendoci loro come nutrimento (pane) e gioia (vino).
Ripetere il gesto di Gesù che lo rende presente, infine, fa della chiesa un corpo solo: poiché mangiamo un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo. Ciascuno è nutrito dallo stesso cibo che lo fa vivere e lo trasforma in Cristo stesso, per vivere nella propria vita le sue parole e i suoi gesti, ma questo avviene a tutti coloro che mangiano (e che mangiano insieme) e così tutti si trovano uniti in un’unica vita, proprio perché nutriti e sostenuti dall’unico Signore che li abita e li fa vivere.
E così torniamo a contemplare il mistero della vita condivisa che la festa della Trinità ci mostrava come proprio di Dio, ma questa volta lo contempliamo nella chiesa che è resa un’unica vita (un unico corpo) dal dono che Cristo fa di sé, venendo ad abitare corporalmente in ciascuno dei suoi e stringendoli così tutti in unità, tutti in lui e lui in loro.
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