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04 - Giu - 2021

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (B)

Eucarestia

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (B)

(Es 24,3-8   Sal 115   Eb 9,11-15   Mc 14,12-16.22-26)
Domenica 06 Giugno 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Nelle letture proposte per questa domenica la Solennità del Corpus Domini viene contemplata sotto il segno dell’alleanza, come se dovessimo puntare l’attenzione sul fatto che ciò che celebriamo riguarda una relazione profonda con Dio, un patto, un legame così stretto da potersi dire che diventiamo suoi consanguinei, una sola carne con lui. Nel capitolo 24 dell’Esodo, da cui è tratta la prima lettura, vediamo l’adesione di Israele alla legge (“tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo”) incorniciare il rito dell’aspersione dell’altare (segno di Dio stesso) e del popolo con il sangue. Si tratta del sangue degli animali offerti in sacrificio, ma il segno indica una comunione inestricabile, un patto irreversibile.

Questa alleanza, che pure è già una piena comunione con Dio, viene rinnovata in Cristo. La lettera agli Ebrei (da cui è tratta la seconda lettura) parla di una nuova alleanza, offerta al popolo dopo le trasgressioni della prima alleanza. In realtà la Scrittura è piena di offerte di perdono, di nuovi inizi che Dio offre al popolo rinnovando la propria alleanza più e più volte, ma qui accade qualcosa di unico, perché da questo momento in poi non ci sarà più bisogno di rinnovare alcun sacrificio per purificare il popolo dal tradimento del patto che ha stretto con Dio. Infatti Cristo, uno del popolo mandato da Dio stesso, ha offerto se stesso compiendo nella propria carne tutti i comandamenti di Dio, ovvero la pienezza dell’amore; l’alleanza è dunque perfetta: il patto fra Dio e gli esseri umani è senza tradimenti né incrinature, tanto è vero che Cristo, uno di noi, è entrato nella tenda perfetta, cioè nella vita stessa del Padre (lo abbiamo contemplato il giorno dell’Ascensione) e così vive con lui e con lo Spirito (lo vedevamo domenica scorsa) un’unica vita.

Perché noi potessimo entrare nella stessa vita che Cristo condivide col Padre, perché potessimo essere protagonisti dello stesso patto di alleanza, Gesù ci ha lasciato un gesto da ripetere in memoria di lui. Ci ha chiesto di spezzare e condividere il pane e di bere allo stesso calice. Si tratta di gesti semplici, ma impegnativi: dicono infatti la condivisione di ciò che si riesce a produrre (pane e vino), la disponibilità a spezzare quello che c’è senza separazioni e senza ingiustizie, il desiderio di essere una sola famiglia con quelli che si siedono alla stessa mensa, il coraggio di riconoscere che abbiamo bisogno tutti di essere nutriti da Cristo che ci fortifica (pane) e ci rallegra (vino). Si tratta di un gesto rituale che viene dalla vita (servono gli elementi della terra, procurati col lavoro) e trabocca nella vita (se non si è disposti a spezzare il pane con gli altri e a spezzarsi per gli altri il gesto che si compie non è lo stesso di Gesù).  Mangiamo e beviamo di lui, cioè della sua logica, dei suoi sentimenti, dei suoi gesti: significa che viviamo e ci rallegriamo di lui e questo – solo questo – ci fa vivere e ci fa un corpo solo.

Gesù non si è accontentato di compiere l’alleanza con il Padre, ha voluto che essa fosse anche per noi. Ha pensato se stesso come un corpo capace di nutrire e dissetare, come quello delle madri che allattando sfamano e rasserenano i bambini, perché noi diventassimo il suo corpo nel mondo, capace di nutrire e dissetare tutti quelli che ci sono posti accanto. Si tratta di un dono immenso, che non è contenuto da alcun tabernacolo e non si esaurisce sull’altare, ma invade il mondo dovunque il dono di Cristo, il corpo di lui, si fa carne in quelli che si nutrono di lui e si danno a chi ha fame.

E chi fa questo, chi mangia questo pane, vivrà in eterno.

13 - Giu - 2020

Corpus Domini (A)

Corpus Domini

Corpus Domini (A)

(Dt 8,2-3.14-16   Sal 147   1Cor 10,16-17   Gv 6,51-58)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il mistero della Trinità, che abbiamo contemplato domenica scorsa, ci mostra l’unica vita condivisa da Padre, Figlio e Spirito, intrecciati in relazioni inestricabili, libere e liberanti. Abbiamo visto che questa vita d’amore che lega i Tre in perfetta unità è offerta anche a noi, perché anche noi viviamo di relazioni inestricabili e libere con Dio e fra di noi. Il mistero del Corpus Domini, che celebriamo in questa domenica, può essere visto come l’evidenza del nostro coinvolgimento nella vita di Dio: come i Tre vivono l’uno con l’altro e l’uno nell’altro, così si offrono a noi, per vivere in noi e lasciarci vivere in loro, e questo accade corporalmente quando ci raduniamo per celebrare la cena del Signore e mangiamo il pane e il vino che realizzano la presenza di lui.

Nel Vangelo di Giovanni (al termine del lungo discorso sul pane di vita riportato al capitolo sesto) leggiamo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me”. Nutrirsi del Signore vuol dire infatti farlo abitare in noi e allo stesso tempo abitare in lui, in una reciproca inabitazione che richiama in tutto e per tutto quella che c’è fra Padre e Figlio. L’unica vita che loro condividono viene offerta a noi e così anche noi la condividiamo con loro e fra di noi.
Per avere questa vita, però, occorre mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue. Che cosa significa questo? Ci possono aiutare le letture di questo giorno, cominciando dalla prima nella quale leggiamo: non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca del Signore. Mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue dunque significa anzitutto fare nostre le sue Parole, vivere il suo Vangelo, non dimenticare l’opera di Dio, ma celebrarlo continuamente con la concretezza del nostro vivere. Mangiare Gesù significa vivere di lui (esattamente come siamo tenuti in vita e in forze dal cibo che mangiamo) ovvero vivere del suo mistero, del suo insegnamento, del suo amore, e assimilarlo al punto da farlo nostro. Come il cibo che mangiamo si trasforma in tessuti, organi ed energia, così la parola di lui, la contemplazione della sua vita, si trasforma in ciò che ci costituisce, nei nostri gesti, nelle nostre parole. Mangiamo lui per diventare lui.
La seconda lettura, poi, tratta dalla prima lettera ai Corinzi, ci ricorda che mangiare la carne di Gesù e berne il sangue significa celebrare il gesto che lui ci ha lasciato in segno di perenne alleanza: il suo pane da spezzare insieme e il suo vino da bere insieme. Fare questo gesto rende presente il Signore tanto che noi possiamo mangiare di lui, nutrirci del suo pane e dissetarci del suo vino, e mangiando di lui, diventiamo capaci di ripetere il suo gesto nella vita, spezzandoci per altri e offrendoci loro come nutrimento (pane) e gioia (vino).
Ripetere il gesto di Gesù che lo rende presente, infine, fa della chiesa un corpo solo: poiché mangiamo un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo. Ciascuno è nutrito dallo stesso cibo che lo fa vivere e lo trasforma in Cristo stesso, per vivere nella propria vita le sue parole e i suoi gesti, ma questo avviene a tutti coloro che mangiano (e che mangiano insieme) e così tutti si trovano uniti in un’unica vita, proprio perché nutriti e sostenuti dall’unico Signore che li abita e li fa vivere.
E così torniamo a contemplare il mistero della vita condivisa che la festa della Trinità ci mostrava come proprio di Dio, ma questa volta lo contempliamo nella chiesa che è resa un’unica vita (un unico corpo) dal dono che Cristo fa di sé, venendo ad abitare corporalmente in ciascuno dei suoi e stringendoli così tutti in unità, tutti in lui e lui in loro.