IV Domenica di Avvento anno C

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17 - Dic - 2021

Avvento

IV Domenica di Avvento

Anno C

(Mi 5,1-4   Sal 79   Eb 10,5-10   Lc 1,39-45)
Domenica 19 Dicembre 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Come può realizzarsi la pienezza della pace? Come gli esseri umani (Israele in particolare per il quale risuonano le parole del profeta Michea che costituiscono la prima lettura) possono trovare la pienezza della vita e delle relazioni? Probabilmente a troppi verrebbe in mente che questo si può realizzare con la forza, con il potere, con l’efficacia e l’efficienza, con l’influenza e i numeri, tutto investito per il bene, per costruire un mondo di giustizia e di pace. Dio però sceglie un’altra via: promette uno che guiderà il popolo. Questo uno (ce lo dice la lettera agli Ebrei, nella seconda lettura) non avrà altro potere che l’offerta del proprio corpo, della propria vita e del proprio amore. La salvezza di Dio passa quindi per la piccolezza insignificante di un vissuto umano, della vita di un uomo così debole da poter essere infamato e ucciso impunemente. La santità e la pace, ogni possibile speranza, risiedono in questo uomo, nella sua vita semplice e straordinaria, fatta di amicizie e incomprensioni, di impegno, preghiera, riposo e delusioni. Una vita umana sola contiene in sé il segreto di ogni salvezza.

Per questo scrutiamo questa vita fin dal primo momento in cui si mostra, nel grembo che cresce di Maria, nel parto di lei e nel bambino che è affidato alle sue cure e a quelle di Giuseppe. Il Natale segna l’inizio straordinario e del tutto ovvio di questa vicenda umana tutta da contemplare, meditare e fare nostra, perché in essa risiede il segreto di ogni salvezza. In un grembo gravido, in un bambino, in un figlio di falegnami. Non sembra un progetto altisonante che attira lo sguardo dei potenti, è più un mistero quotidiano, il mistero quotidiano della vita. Roba da donne.

E infatti le prime a cantare la salvezza di Dio, le prime profetesse ed evangelizzatrici del Vangelo di Luca sono due donne. Maria è andata da Elisabetta: l’angelo le ha detto che proprio Elisabetta è il segno che la promessa di Dio si compirà. La vecchia sterile incinta è il segno che Dio può far fiorire il deserto. E la ragazzina vergine, impossibilitata a concepire proprio perché vergine, corre a vedere di che cosa Dio è capace. Quando si trovano l’una di fronte all’altra, i grembi diversamente gonfi di vita, Elisabetta è colmata di Spirito e, da profetessa, riconosce il Signore nel grembo di Maria. Prima di Giovanni Battista, è lei ad indicare colui che tutti attendono. Dichiara benedetta Maria e il frutto del suo grembo e poi dichiara beata lei non per la gravidanza, ma per la fede. Due donne incinte, nell’anonimato domestico di una casa povera, sviscerano e cantano il mistero di Dio nascosto nei secoli e fattosi presente in ciò che di più piccolo e mite esiste: la vita che nasce.

Beati noi, se è questa piccolezza che affascina e ci rallegra. Beati noi, se ci facciamo, come queste donne, spazio per la vita di Dio che viene nel mondo. Beati noi, se crediamo che tutto ciò ci è rivolto.

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