II Domenica T.O. (B)

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16 - Gen - 2021

Tempo Ordinario

II Domenica T.O. (B)

(1Sam 3,3-10.19   Sal 39   1Cor 6,13-15.17-20   Gv 1,35-42)
Domenica 17  Gennaio 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

La liturgia di oggi ci mostra Gesù fare i suoi primi passi. Dopo il battesimo il Battista lo addita come Agnello di Dio e due di quelli che erano i suoi discepoli lo lasciano per seguire Gesù. Il Vangelo di Giovanni non ci parla della chiamata dei primi discepoli, ci dice invece che questi si misero sulle orme di Gesù fidandosi della parola di un altro: il Battista. In qualche modo accade qui quello che la prima lettura ci racconta per il giovane Samuele: Eli lo istruisce su come ascoltare e su che cosa dire per accogliere la chiamata di Dio e appropriarsi delle sue parole (non ne avrebbe lasciata andare a vuoto nemmeno una, annota la Scrittura). Samuele ha avuto bisogno di un altro per incontrare il Signore, così i due discepoli del Battista e lo stesso accade poi quando Andrea, che era uno dei due, indica a sua volta il Signore a Pietro, suo fratello.

I discepoli dunque si mettono a camminare dietro il Signore e lui si volta a guardarli: chi cercate? Sembra che voglia far emergere in loro i desideri che li muovono. Perché vanno dietro a Gesù? Questa parola è per noi adesso: che cosa cerchiamo? La risposta dei discepoli è, sorprendentemente, una domanda: dove dimori? In questo modo sembrano dire che cercano il luogo in cui lui si ferma, vogliono cioè stare con lui. E il Signore li porta con sé. L’unico motivo valido per seguire Gesù deve essere Gesù: se è altro a guidarci prima o poi ci perderemo. Se non è la sua bellezza, il fascino delle sue parole, ma altro che ci spinge a cercarlo, non lo capiremo e magari lo tradiremo proprio quando avremmo dovuto restare. Anche noi abbiamo sentito qualcuno indicarci Gesù come il Signore e abbiamo mosso i primi passi dietro di lui. E allora anche noi, magari, desiderosi di attingere un po’ della sua vita e della sua bellezza, abbiamo chiesto: dove dimori?
Forse in questa liturgia, prendendo in prestito i versetti del sesto capitolo della prima lettera ai Corinzi (seconda lettura), Gesù ci risponde che dimora in noi e nei fratelli che ci dona. Ci ripete che il nostro corpo e quello altrui sono sue membra, che il suo Spirito ci abita e abita i nostri fratelli come in un tempio.
Non troveremo Gesù nella solitudine eroica delle illuminazioni o nel coinvolgimento conturbante delle emozioni che ci fanno sentire una qualche presenza di Dio, né lo troveremo nelle nostre prestazioni o impeccabilità, ma lo scopriremo con facilità nel corpo, quasi sempre affaticato e ferito, che ci sta di fianco e nel nostro corpo: nella concretezza del nostro vivere, cioè. In questa prossimità faticosa e imperfetta, il Signore dimora, chiama, si fa conoscere. Ci serve solo di ricordarci a vicenda “ecco l’Agnello di Dio” in modo da seguirlo subito, senza perdere nemmeno un momento, senza lasciare andare a vuoto nemmeno una delle sue parole.
E quando riusciremo a riconoscerne la presenza in noi e in quelli che ci dona, anche noi, come Pietro, ci sentiremo fissati da lui e magari lo ascolteremo darci un nome nuovo, uno che solo lui usa per noi, come si fa in famiglia con i più piccoli, un nome che dice l’intimità di chi si riconosce e dimora nello stesso luogo, ricordando per tutta la vita il giorno e l’ora in cui questa intimità è cominciata.
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