IV Domenica d’Avvento

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20 - Dic - 2019

Maria Donna dell'attesa

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

IV Domenica d’Avvento

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Senza una parola che illumini, i fatti della vita, compresi quelli in cui Dio si fa presente, non vengono compresi. Per questo Dio prepara la venuta del suo Figlio con tante parole che i profeti ripetono in diversi contesti e a diverse persone, come accade con Acaz che, come ci racconta il profeta Isaia, non vuole nemmeno che Dio gli si faccia presente con un segno (e trova una motivazione buona, persino spirituale, per tenerlo lontano: “non voglio tentare il Signore”). Ci ricorda la lettera ai Romani che Dio molte volte aveva promesso il Vangelo e questo perché, quando si sarebbe verificata, Israele fosse in grado di riconoscere la visita del suo Dio.

Così è anche per ciascuno di noi. Abbiamo ascoltato molte parole che ci possono istruire a riconoscere la presenza di Dio nella storia e nel nostro cuore, così che quando arrivi il momento noi sappiamo leggere ciò che ci accade alla luce delle sue promesse e scoprire così la salvezza per noi e per tutti (proprio come Paolo la scopre per sé e per le genti chiamate alla fede).
Anche Giuseppe di Nazareth aveva ascoltato molte parole e era andato così a fondo nell’ascolto della legge che per rispettarne il cuore non poteva osservarne la lettera: infatti quando viene a sapere che Maria è incinta, dovrebbe ripudiarla se osservasse la lettera della legge, ma Giuseppe, uomo giusto, uomo cioè secondo il cuore di Dio, sa che il significato profondo della legge è far vivere e così il ripudio (come spiegherà Gesù al capitolo 19 di Matteo) – a maggior ragione nel caso di Maria – non può essere posto in atto. Si inventa un congedo in segreto, per onorare il comandamento secondo giustizia, ma il sogno – in cui Dio, secondo la tradizione ebraica, parla con un settantesimo della voce – scuote la sua decisione: può prendere con sé il bambino e la madre, perché sta accadendo quello che i profeti avevano promesso. La parola di Dio permette a Giuseppe di comprendere ciò che accade non come un’offesa e una sventura (perché gli viene chiesto di non essere più padrone di moglie e figli, come era tipico del tempo, ma solo servo di entrambi, divenendo icona di ogni paternità cristiana), quanto piuttosto come il compiersi di tutte le promesse, come la più grande delle gioie, anche se questo avrebbe reso la sua vita ciò che lui non pensava e che non avrebbe scelto.
La venuta di Dio accade così, per ciascuno, in fatti oscuri, ordinari o persino in situazioni assurde che mai avremmo voluto. Per accorgersi di questa presenza che salva e dà senso al nostro vivere, ci serve una parola che spieghi e illumini, come è stato per Giuseppe e per Maria. Solo questa parola è capace di mostrarci in questo bambino, nato come tutti, il Salvatore, quello che può darci la chiave per vivere ogni situazione e per farci sperare, perché già pregustata, la pienezza della vita. Si tratta solo di un germoglio, di una promessa di vita, come è per ogni bambino, ma la Parola ci guida a coglierne la portata e a fondare la vita su di essa, perché “del Signore è la terra e quanto contiene, il mondo con i suoi abitanti; è lui che l’ha fondato sui mari e sui fiumi l’ha stabilito”. Si tratta solo di un inizio, ma così solido da far intravvedere pienezza e compimento.
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