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07 - Gen - 2022

Battesimo del Signore

Battesimo Gesù

Battesimo del Signore

Anno C

(Is 40,1-5.9-11   Sal 103   Tt 2,11-14;3,4-7   Lc 3,15-16.21-22)
Domenica 9 Gennaio 2022

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

La solennità del Battesimo del Signore fa da cerniera fra il tempo ordinario che comincia subito dopo e il tempo di Natale che si chiude oggi. Abbiamo atteso una nascita da cui ciascuno potesse rinascere e ora si apre davanti a noi il tempo in cui questa rinascita si deve dispiegare.

Siamo ancora dentro il tempo di Natale. Un bambino in una mangiatoia davanti ai pastori, un bambino e sua madre davanti ai sapienti venuti dall’Oriente e ora un uomo in fila con i peccatori di Israele: così è apparsa la bontà di Dio e il suo amore per tutti gli esseri umani (seconda lettura tratta dalla lettera a Tito). Il Figlio di Dio nato da Maria, dal primo momento della sua vita fino all’ultimo, mostra la vicinanza di Dio e il suo perdono. Il premio che il Signore porta, la ricompensa, la meta che ci aspetta alla fine di una strada che ci viene spianata davanti (prima lettura tratta dal profeta Isaia già ascoltata durante l’avvento) è proprio la cancellazione di ogni debito e la guarigione di ogni ferita. Dio non è venuto nel mondo per un giudizio da cui non è in grado di salvarsi nessuno, ma è venuto per salvarlo dalla miseria che conosciamo fin troppo bene dilagare dentro di noi e intorno a noi.

E così il Signore Gesù inizia la sua missione immergendosi nelle acque sporche del male degli esseri umani. Non fugge le nostre fatiche e le nostre impurità, si immerge con noi, si fa toccare, si fa bagnare e rivestire di ciò che ci appesantisce e con noi aspetta che il fiume porti via tutto lasciandoci puliti e rinvigoriti. Viene, adesso, il momento di prendere sul serio il perdono di Dio, il suo amore che tutto rinnova e ringiovanisce. Viene, oggi, il momento di immergersi pieni di misericordia nel male fatto da noi e dagli altri, dentro le stesse acque, senza separazioni né classifiche di bontà o purezza. Stare lì in mezzo, autentici e fragili, finché la voce del Padre, che risuona nelle Scritture, nei fratelli e nelle sorelle, nella storia che diventa parola dello Spirito, ci dirà chi siamo.

Gesù, fermo in mezzo alle acque condivise con i peccatori, sa di essere il figlio amato in cui Dio pone il suo compiacimento. Non dimenticherà più che Dio si è compiaciuto di lui mentre si faceva piccolo, mentre si poneva in ascolto, mentre si faceva compagno di chi si umilia e soffre. Tutta la vita non farà altro che questo, non cercherà altro che la compagnia dei miseri per ascoltare sempre la voce del Misericordioso che lo dichiara figlio e amato. Oggi è solo il primo di una lunga serie di giorni. L’ultimo giorno, sulla croce, la voce del Padre tacerà, ma i miseri che lo circondano gli ricorderanno chi è e cosa il Padre vuole.

Nelle stesse acque, con lui di fianco, animati dal dono dello Spirito che ha animato lui, possiamo riprendere il cammino, di fianco agli esseri umani affaticati e impoveriti in mille modi, certi di ricevere un perdono che non meritiamo, lasciando che sia ciò che il Padre dice a decidere chi siamo. Abbiamo davanti tutto l’anno per vivere questo mistero: comincia oggi il tempo ordinario, senza feste ed eccezioni, fatto solo di vita, perché l’amore di Dio si manifesti e agisca ovunque, nel mezzo delle acque in cui tutti annaspiamo.

09 - Gen - 2021

Battesimo del Signore (B)

Presepe dal Messale

Battesimo del Signore (B)

(Is 55,1-11   Da Is 12   1Gv 5,1-9   Mc 1,7-11)
Domenica 10  Gennaio 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Questa bellissima festa che chiude il tempo di Natale e apre il tempo ordinario (il più bello di tutti, perché segno efficace della vita nella quale il mistero insondabile di Dio si dipana nell’ovvio dei giorni feriali) ci riporta continuamente all’acqua, presente in tutte le letture e richiamata come un simbolo potentissimo, perché senza acqua non c’è vita e perché tutti nasciamo uscendo dalle acque del grembo materno. Il battesimo cristiano è proprio un uscire dalle acque, dal grembo stesso di Dio, per rinascere come figli suoi.

La prima lettura (dal profeta Isaia) sembra un fiume in piena di parole che vogliono sommergerci per portarci là dove possiamo dissetarci, saziarci, gustare la bontà, scoprire il sovrabbondante perdono di Dio e l’abbondanza della sua amicizia, perché, qualsiasi tradimento o povertà ci appartenga, la parola di Dio è capace di portare a termine ciò che promette: la sua vita in noi che zampilla come una fonte inesauribile. L’acqua è dunque il segno potente della Parola di Dio, del suo Amore, del suo Spirito che invade il mondo rendendo testimonianza al mistero di Dio e portando i suoi frutti di vita.
L’acqua viene citata anche nel testo (per nulla facile) della prima lettera di Giovanni che leggiamo come seconda lettura: chi crede ovvero chi ama (perché credere in Dio, amarlo e amare i fratelli sono una sola cosa) è rigenerato da Dio, infatti chi crede nell’amore di lui, chi lo conosce, ne rimane sommerso e trascinato tanto che non può non amare. L’acqua, lo Spirito e (aggiunge Giovanni) il sangue ci danno testimonianza di questo mistero: della nostra rinascita che ci fa vincere il mondo.
Il fatto che venga citato il sangue ci dice, però, che rinascere e vincere il mondo non è indolore, ci dice – in fondo – che non si tratta di una favola o di parole consolatorie, ma della vita vera, che sempre si gioca nella carne e nel sangue. E questo si fa evidente nei pochi versetti in cui Marco ci racconta il battesimo di Gesù.
Gesù si immerge nell’acqua per convertirsi, come fanno tutti gli altri. Non deve abbandonare i peccati, ma deve abbandonare la sua vita e iniziarne un’altra. Si immerge nell’acqua per consegnare se stesso al Padre e perché lui lo faccia rinascere. E davanti a Gesù che si consegna, Dio, come in un incontenibile moto di amore, come un innamorato che dopo tantissimo tempo vede offrirsi chi attende da una vita, dichiara tutto il suo amore: questo è il Figlio mio, l’amato, in lui ho posto il mio compiacimento. E Gesù rinasce da questa Parola che dichiara la sua identità profonda, ciò che lui è e a cui rimarrà fedele anche quando questo lo porterà all’orrore della croce.
Il Vangelo di oggi già richiama quel giorno perché Marco usa il verbo “squarciare” solo due volte: qui, quando si squarciano i cieli e Dio parla riversando sul figlio il suo Spirito, e quando Gesù muore gridando e il velo del tempio si squarcia. Non bastano l’acqua e lo Spirito a dare testimonianza al mistero d’amore del Padre, ci vuole anche il sangue, perché si tratta della vita reale.
Gesù rinasce come Figlio, consegnato all’amore del Padre e invaso da questo amore, e muore come Figlio, consegnato a questo amore fino all’ultimo respiro, fino al grido disperato di chi si sente abbandonato. E in quel momento il mondo (inteso come nella seconda lettura, cioè come tutto ciò che fa morire) è definitivamente sconfitto: il grido di Gesù squarcia il velo del tempio, entra cioè nel grembo stesso di Dio e Dio ascolta questo grido, rimettendo al mondo il Figlio, di nuovo, infallibilmente. E così, il dolore (ma non c’è parto senza travaglio) e la morte, insieme all’acqua e allo Spirito, ci testimoniano l’unico mistero della vita che viene rinnovata: in Cristo, in noi, in tutto.

 

11 - Gen - 2020

Battesimo del Signore

Battesimo del Signore

Piccolo Eremo delle Querce – Crochi (RC)

Battesimo del Signore

(Is 42,1-4.6-7   Sal 28   At 10,34-38   Mt 3,13-17)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il tempo di Natale si chiude con la solennità del Battesimo del Signore, in cui facciamo memoriale dell’inizio della missione di Gesù. Dopo anni di vita operosa e umile, intrecciato alla quotidianità della gente semplice del suo popolo e immerso nell’intimità col Padre che si fa strada nella sua interiorità, nel suo sentire e nella sua libertà, Gesù va da Giovanni. Probabilmente è stato discepolo del Battista per un periodo (per un cuore spalancato sul mistero di Dio, come quello di Gesù, Giovanni doveva essere troppo affascinante per non andare ad attingere al suo vissuto) e ora al Battista chiede di farlo rinascere.

Il simbolo dell’acqua indica con forza la rinascita perché tutti i bambini nascono nelle acque in cui sono vissuti nel grembo materno: non si nasce se non bagnati. E così Gesù, in fila con la gente del suo popolo che vuole rinascere ad una vita rivolta verso Dio e non verso il male, va a rinascere: anche lui deve volgersi verso Dio per compiere una missione nuova, deve abbandonare ciò che è stato fino ad ora e nascere a vita nuova. Comincia immergendosi nell’acqua.
Nel racconto che fa Matteo, Giovanni sembra non essere d’accordo con l’idea di battezzare Gesù, esprime piuttosto il bisogno che Gesù faccia rinascere lui per renderlo sempre di più servo del Dio altissimo, ma Gesù insiste: si deve compiere ogni giustizia, è giusto cioè che Gesù ricominci la sua vita, che rinasca a vita nuova, disposto a volgersi a ciò che il Padre desidera per lui. E sul Signore, che spalanca il cuore, la libertà e il corpo ai desideri del Padre, rivolto a lui con tutto se stesso per essere il dono che lui vuole fare al suo popolo, scende lo Spirito.
Lo Spirito che sfugge, il vento inafferrabile, che dice le parole di Dio, che opera le opere di lui, dove vuole, senza che nessuno possa fermarlo o vederlo, questo Spirito si ferma su Gesù: chi vuole vedere lo Spirito di Dio, il suo amore, i suoi pensieri profondi, dovrà guardare Gesù, spinto e soggiogato dall’amore del Padre. E mentre il Padre fa questo dono a Gesù, riempiendolo della sua stessa vita, gli parla (perché i doni portano sempre con sé un significato che va spiegato, portano impresso cioè l’amore di chi dona) e gli dice: questo è il Figlio mio, l’amato, colui nel quale ho posto il mio compiacimento.
Dio così fa rinascere Gesù dicendogli chi è: tu se il mio Figlio. L’identità di Gesù è il suo legame con il Padre, l’appartenenza a lui. L’amore che gli viene dichiarato e donato in questo giorno è ciò che lo spingerà ogni giorno sua vita. E Dio si rallegra: gioisce di Gesù. Nelle parole che Dio dice, inoltre, non si rivela solo l’identità di Gesù, ma anche quella di Dio: se Gesù è il suo figlio amato, vuol dire che Dio è il Padre che ama, deciso dalla relazione con lui. Non semplicemente Dio, ma il Dio di Gesù, il Padre di lui, quello che gioisce guardando Gesù e che non può avere gioia fuori di lui.
Nella prima e nella seconda lettura viene ripreso questo misterioso rapporto fra Dio e il suo Figlio (anche se Isaia parla di un servo e di un eletto) e sempre si sottolinea (e questo è anche il motivo per cui la voce del Padre nel racconto di Matteo è sentita da tutti ed è in terza persona, come se Dio parlasse agli altri di Gesù) che questo rapporto fra loro è la salvezza per tutti. Lo Spirito (l’Amore) riversato su Gesù non è infatti un dono per lui, ma un dono fatto a lui che lo spinge verso il popolo per illuminare, per liberare, per beneficare e risanare tutti quelli che stanno sotto il potere del male (come ci ricorda il discorso di Pietro riportato nel brano degli Atti). Il dono dello Spirito, l’intimità fra Dio e il suo Figlio, non sono un misterioso fenomeno che non tocca la vita degli uomini, ma la fonte della salvezza per tutti e tutte, perché Dio non fa preferenza di persone e a chiunque vuole dona di entrare dentro questa relazione d’amore, facendolo rinascere a vita nuova.
Davvero tuona il Signore con potenza sulle acque, dicendo una parola di amore che lo lega a Gesù e che fa di lui l’alleanza del popolo e la luce delle genti: un nuovo inizio per lui, per chiunque si aggiunge alla fila dei peccatori che desiderano volgersi a Dio e per la storia intera.
…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani