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28 - Mag - 2022

Ascensione del Signore anno C

Ascensione

Piccolo Eremo delle Querce

Ascensione del Signore

Anno C

(At 1,1-11   Sal 46   Eb 9,24-28;10,19-23   Lc 24,46-53)
Domenica 29 Maggio 2022

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

L’ascensione di Gesù segna la fine della storia del Vangeli, il loro protagonista assoluto non può più essere visto né raccontato. Eppure il tono dei racconti che ci parlano dell’ascensione sembra quello di un inizio (Luca comincerà proprio così un nuovo libro, quello degli Atti degli apostoli). Il Signore se ne va eppure si parla di attesa, di una missione che comincia, di un Altro che deve venire e (se scorriamo la seconda lettura tratta dalla lettera agli ebrei) di un nuovo ritorno di Gesù che ci condurrà là dove lui è. La storia, raccontata fin qui e culminata nella Pasqua, è dunque appena cominciata. Per questo Gesù si ferma con i suoi per quaranta giorni spiegando ed istruendo: perché questo è solo l’inizio. In fondo l’anno liturgico ci educa sempre a questo ritmo per il quale alla straordinarietà delle feste segue sempre l’ordinarietà di tutti i giorni, come ad ammonirci che ogni dono di Dio (per quanto possa essere straordinario) prende senso e concretezza solo nel concreto vivere quotidiano.

La storia che ricomincia però, da questo momento in poi, sarà l’attesa che tutte le promesse di Cristo si compiano. Si tratta di un’attesa operosa, fatta di impegno per la giustizia e la pace, fatta dell’amore declinato nei gesti quotidiani che si prendono cura di altri, fatta di testimonianza evangelica mai possibile se la vita contraddice le parole. Questa festa ci ricorda dunque verso dove stiamo camminando, perché conoscendo la meta possiamo sapere come attrezzarci per il viaggio, quali cammini fare, quali compagnie scegliere, ma ci ricorda anche chi stiamo aspettando perché la fede altro non è che desiderio di Cristo, profondo e insaziabile desiderio.

La lettera agli ebrei medita questo mistero con altre parole. Ci dice che Cristo è entrato nel santuario del cielo (come il sommo sacerdote entrava nel luogo più sacro del tempio) e che anche noi (diversamente dal popolo che aspettava fuori) abbiamo la possibilità, grazie a lui, di entrare in questo stesso santuario, che è Dio stesso. Ora infatti sappiamo quale è la via, una via nuova e vivente che egli ha inaugurato attraverso la sua carne. La vita e la morte di Gesù sono la via. Questo è stato sufficiente (infatti, diversamente da quanto facevano i sacerdoti ebrei che ogni anno rinnovavano l’offerta per i peccati, non c’è più bisogno di ripetere il sacrificio) per condurre l’umanità nel grembo stesso di Dio. L’ascensione, dunque, ci spinge a contemplare la carne di Gesù, la sua umanità, perché fissando lo sguardo in essa noi scrutiamo la via certa al cielo, contemplando la carne di lui noi fissiamo gli occhi dritti in cielo anche se ciò che dobbiamo vivere è ben piantato sulla terra.

In questo giorno si fa evidente che non c’è alcuna separazione fra Dio e gli esseri umani. Se Dio ha vissuto con l’umanità, ora un essere umano entra nella dimensione di Dio e dietro di sé lascia una via che noi possiamo percorrere. Non abbiamo bisogno di prodigi straordinari né di sacrifici aggiuntivi o di chissà cos’altro per raggiungere Dio in qualche modo: conosciamo la via, nuova e vivente, da percorrere e sta tutta nella vita mite ed umile del figlio del falegname.

14 - Mag - 2021

Ascensione del Signore (B)

Spirito del Risorto

Ascensione del Signore (B)

(At 1,1-11   Sal 46   Ef 4,1-13   Mc 16,15-20)
Domenica 16 Maggio 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il tempo di Pasqua si conclude, grandiosamente, con le solennità di Ascensione e di Pentecoste, in un crescendo che, dopo aver a lungo meditato sulla resurrezione di Cristo, ci fa fissare lo sguardo sui frutti che questa resurrezione porta dentro la storia. Si comincia fissando il cielo (nelle orecchie gli squilli di tromba, i canti, le acclamazioni, i battiti di mani che ci suggerisce il salmo) come i primi testimoni della resurrezione; con il volto rivolto al mistero di Dio che non solo si è voluto incarnare ma accoglie in sé, nella sua vita senza fine, l’umanità che oramai il Figlio di non lascia più: un corpo umano dimora nel grembo di Dio, segno che l’alleanza di Dio con noi non è revocabile. Lo sguardo viene attratto: la nostra fragilità viene trasfigurata, i limiti stravolti dall’amore, il Figlio – pienamente uomo e con tutta la propria corporeità – ascende (si sposta cioè su un altro piano di esistenza) al Padre, ricostituendo con lui la comunione perfetta di vita che aveva prima e allo stesso tempo rinnovandola di quanto è diventato e ha vissuto:  il Figlio di Dio che ora è l’uomo Gesù, crocifisso e risorto, ascende al cielo.

A questo punto però come possiamo incontrarlo, dal momento che il suo corpo, la sua concreta visibilità ci è sottratta? Come ascoltarlo? Come poter constatare che egli vive? Nella seconda lettura ci viene presentato un lungo brano della lettera agli Efesini in cui ci viene annunciato che il corpo del Signore ora è costituito da quelli che credono in lui. Questi infatti, riempiti dallo Spirito che li rende figli del Padre, vengono stretti a Cristo e ne diventano le membra, al punto che se custodiscono “l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace” essi stessi diventano (per opera dello Spirito) il luogo in cui Cristo può essere visto, ascoltato e riconosciuto come il Vivente. Mentre sale al cielo infatti egli distribuisce ai chi crede in lui tutto ciò che è suo. E così ciascuno e ciascuna partecipano in modo unico e vario della sua pienezza e reciprocamente tutti si offrono quello che hanno ricevuto, in modo che il dono di uno nutra tutti: in questo modo il corpo di Cristo viene edificato, fatto crescere e custodito.

A questo punto, vivendo questa unità e questa cura reciproca nell’offrirci quanto ci viene partecipato del dono di Cristo, il Vangelo che annunceremo sarà credibile. Chi guarda e chi ascolta riconoscerà infatti che ciò che annunciamo è vero perché noi che annunciamo viviamo in modo tale da essere il corpo di lui, in modo cioè da rendere presente il Signore Risorto. Custodendo lo Spirito che abita e ci costituisce come corpo di Cristo infatti porremo anche noi i segni che accompagnano la predicazione: scacciare il male (scacceranno i demoni), imparare le lingue che gli altri possono capire (parleranno lingue nuove), non farsi avvelenare dal male del mondo imparandone la logica (prendere in mano i serpenti e non subire danni dal veleno dei serpenti), sollevare chi soffre dalla propria fatica (guarire i malati). E così nessuno avrà bisogno di guardare il cielo perché egli stesso continua nei suoi a mostrarsi vivo e a parlare delle cose del regno di Dio.

23 - Mag - 2020

Ascensione del Signore (A)

Ascensione

Piccolo Eromo delle Querce

Ascensione del Signore

(At 1,1-11   Sal 46   Ef 1,17-23   Mt 28,16-20)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

La festa dell’Ascensione ci immerge nel mistero di Dio, nel suo agire misterioso, nella sua logica. La rivelazione è compiuta, la vittoria di Gesù è totale: il male e la morte non lo hanno toccato. A lui è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra (così si legge nel Vangelo di Matteo), ora siede alla destra dei cieli al di sopra di ogni potere noto o ignoto (così potremmo tradurre il brano della lettera agli Efesini dove ci viene detto che lui sta sopra a Principati, Potenze, Forze e Dominazioni), tutto è sotto i suoi piedi, ma tutta questa potenza non si manifesta nella forza che schiaccia i nemici e costringe a sottomettersi a lui – così ragionano gli uomini quando ottengono una qualche vittoria -, la sua potenza si manifesta invece nel ritirarsi (ascendere al cielo) sottraendosi persino alla vista (una nube lo sottrasse ai loro occhi), così come fa Dio da sempre, facendosi mite e discreto per attrarre a sé non con la forza che schiaccia, ma con l’amore che fa vivere.

E così Gesù non se ne va, ma come il Padre – di cui ora condivide tutta la condizione gloriosa – si fa da parte, rimanendo vicino senza togliere spazio o libertà, ma abbandonando il centro della scena. Si fa capo di un corpo, la chiesa (lettera agli Efesini), che deve mostrare la sua presenza al mondo dando testimonianza di lui grazie al dono dello Spirito (come leggiamo nella prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli). Gesù lascia il potere che gli è dato nelle mani dei suoi e li manda: dove porteranno l’annuncio e la testimonianza credibile del suo Vangelo gli esseri umani saranno sotto il potere di Gesù cioè avranno la vita. Gesù infatti non esercita il potere come i dominatori della terra, ma come i servi, perché il potere che gli è stato dato è quello di di far vivere gli altri non di dominarli, fino ai confini della terra.
Davvero chiediamo che Dio ci apra gli occhi per comprendere la speranza cui ci ha chiamato, la gloria che nasconde la sua eredità e la grandezza della sua potenza verso di noi che si concretizza nella fede e nella testimonianza, che rendono presente al mondo il Risorto. Nelle nostre mani di credenti il potere di Gesù, il suo tendersi verso le donne e gli uomini che faticano, che aspettano, che vivono in attesa di sapere da quale mistero di amore vengono e a cosa sono chiamati. Resta con noi il Signore, intrecciato con la nostra umanità e le nostre fatiche, minacciato dalle nostre inautenticità, senza che mai ci rinneghi, mostrato agli uomini dall’amore che riusciamo a vivere e che è in grado di confermare la verità dell’annuncio.
Davvero non possiamo stare a guardare il cielo, perché non troveremo lassù il Signore e perché lui non vuole che perdiamo tempo a “omaggiarlo” come si fa con i potenti del mondo, dobbiamo invece spenderci fino ai confini della terra, perché animati dal suo Spirito, possiamo renderlo presente non nominandolo o parlando di lui, ma dando testimonianza della sua vita e del suo amore in ciò che siamo, in ciò che gli altri possono vedere e toccare.
Così Dio agisce nel mondo, silenzioso, discreto, umile, condividendo ogni potere con quelli che ama, facendo spazio perché tutto e tutti abbiano la possibilità di crescere, vivere, amare. Non se ne va il Signore, resta presente, così come il Padre gli ha insegnato, nella mitezza, rinnovando la vita continuamente e in silenzio, fino a che un giorno si compirà ogni promessa e alla fine della storia tutto sarà in lui, che è il perfetto compimento di tutte le cose.