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28 - Gen - 2022

IV Domenica T.O. anno C

Tempo Ordinario

IV Domenica Tempo Ordinario

Anno C

(Ger 1,4-5.17-19   Sal 70   1Cor 12,31-13,13   Lc 4,21-30)
Domenica 30 Gennaio 2022

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

C’è una resistenza profonda che contrasta la parola, contro cui il profeta viene istruito (prima lettura tratta da Geremia) e contro cui Gesù vuole ammonire i suoi concittadini (nel brano del Vangelo che riprende e prosegue quello di domenica scorsa). La parola non incontra sempre l’ascolto, più spesso incontra argomentazioni contrarie, sospetti, manipolazioni, deprezzamento, tutte strategie che servono per giustificare la propria volontà di non ascoltare. Togliere credibilità a chi parla è il primo modo per non ascoltarlo e, se questo alcune volte è doveroso (come quando parlano come esperti coloro che non lo sono), altre volte è estremamente pericoloso, persino terribile quando chi parla lo fa secondo la logica di Dio.

Dio conosce le resistenze e così istruisce il profeta a non spaventarsi: la parola va detta anche là dove troverà solo opposizione e guerra, perché è l’unico modo per dare vita a coloro che non vogliono ascoltare. Da parte sua Dio promette a colui che manda di renderlo un muro di bronzo, una fortezza: Dio non promette l’assenza di guerra, non impedisce l’assedio da parte di chi non vuole ascoltare la parola, si schiera però dalla parte del profeta, promettendogli che non sarà vinto. La parola resterà ferma, offerta irrimediabilmente, anche di fronte all’odio.

D’altra parte è una parola che sorge dall’amore, detta per amore, tesa al bene di coloro cui è rivolta, e quindi non può essere vinta. Nel testo famosissimo della prima lettera ai Corinzi (seconda lettura), Paolo ci descrive l’amore proprio così, capace di scusare, credere, sperare e sopportare tutto. L’amore può non essere accolto, può scatenarsi una guerra contro chi offre l’amore, ma l’amore resta, invincibile per sua natura, perché non cerca il proprio interesse, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, non si vanta, non è invidioso, ma è solo benevolo e paziente (così dovremmo tradurre magnanimo), capace solo di fare il bene e di attendere sempre una novità buona e sorprendente in coloro che ama (la pazienza non è mera sopportazione ma la speranza nel cammino altrui, la fiducia in loro). L’amore non può essere vinto, resta solo quello alla fine e dà senso a tutto ciò che facciamo e siamo.

Certo non è facile riconoscere la parola che viene da Dio e, fragili e feriti come siamo, non è facile nemmeno riconoscere l’amore. Forse le parole di Gesù nel Vangelo possono aiutarci. Prende infatti Elia ed Eliseo come esempio di profeti che non hanno potuto fare il bene del proprio popolo, ma quello di stranieri, perché questi (diversamente dagli israeliti) non si sono chiusi di fronte alle loro parole. Mentre Gesù racconta questo però – oltre a metterci in guardia dalle resistenze che ciascuno di noi porta dentro – ci insegna a riconoscere la parola e l’amore che vengono da Dio: essi sfamano (come Elia con la vedova) e guariscono (come Eliseo con il lebbroso). L’amore che viene raccontato e trasmesso dalla Parola di Dio – e ogni amore possibile – si riconosce così: nutre e libera. Il resto è solo un bronzo che rimbomba o un cembalo che strepita. A noi scegliere a cosa resistere e da cosa farci conquistare.

01 - Mag - 2020

IV Domenica di Pasqua (A)

Risurrezione nel cuore delle Donne

IV Domenica di Pasqua

(At 2,14.36-41   Sal 22   1Pt 2,20-25   Gv 10,1-10)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Nel capitolo decimo del Vangelo di Giovanni Gesù usa due allegorie per parlare di sé: quella del pastore (che questa domenica troviamo solo nel versetto del canto al Vangelo, nel salmo e in fondo alla seconda lettura) e quella della porta dell’ovile, immagine cui è dedicato il Vangelo di oggi. Gesù è la porta dalla quale uscire e trovare vita. Non possiamo negare che leggere questo in un periodo in cui siamo chiusi in casa, ma ci avviamo almeno in parte ad uscire, è suggestivo, come se il Signore ci desse la speranza che usciremo per trovare vita e non morte. Ma a prescindere da questa contingenza che ci tocca, il brano richiama l’essenziale della vita della chiesa: tutti quelli che hanno accesso al gregge (tutti quelli cioè che vogliono parlare col popolo, prendersi cura del popolo, guidarlo, consigliarlo o anche solo rivolgersi ad esso) o sono ladri e briganti oppure passano dalla porta. Non ci sono altre possibilità: o è un ladro che viene a fare danno al popolo o passa dalla porta. E la porta è Gesù.

Chiunque viene al popolo come un pastore che conduce alla vita (non intendo qui solo i ministri ordinati, ma tutti quelli che si curano del popolo e che lo cercano) annuncerà Gesù (ogni vero pastore del popolo fa questo fin da quel primo discorso di Pietro riportato nella prima lettura: “Dio ha costituito Signore quel Gesù che avete crocifisso”) e insegnerà lo stile di lui (come leggiamo nella prima lettera di Pietro riportata nella seconda lettura) che ha portato le sofferenze ingiuste con pazienza, cioè affidandosi a Dio e disponendosi ad aspettare per vedere la giustizia, senza cedere alla violenza e alla vendetta.
Forse per comprendere ancora meglio questa lettura può essere utile richiamare la XIII ammonizione di san Francesco, nella quale questo maestro di vita spirituale ci dice – in sintesi – che sapremo se siamo umili e pazienti non quando la vita ci dà soddisfazione, ma quando non ci verrà dato ciò che ci spetta. Allora, davanti alla privazione di ciò che ci serve per vivere, se reagiremo con umiltà, facendoci piccoli e quindi restando nel bisogno invece che pretendere e rivendicare, e se reagiremo con pazienza, dando a Dio il tempo di darci quello che ci serve e sperando nel suo amore, allora sapremo di fare lo stesso cammino di Cristo.
Chi passa dalla porta per condurre il gregge alla vita, però, non solo parla di Gesù e insegna ad essere come lui, ma ancora di più ha lo stile di Gesù, perché passare dalla porta vuol dire fare di Gesù la propria via e il proprio cammino, prenderne la forma. Chi vive così va dal gregge per condurlo alla vita, perché mentre il ladro viene per distruggere, il Signore, di cui il pastore prende lo stile, è venuto perché abbiamo la vita. Su questa vita che Dio vuole per noi si ferma il salmo con molte bellissime immagini: pascoli erbosi, acque tranquille, riposo, guida nel cammino, sicurezza nel buio, cibo, vino, olio, un luogo per vivere a lungo.
Quando gli uomini e le donne comprendono questo – perché i pastori (ripeto: non solo i ministri ordinati ma tutti quelli che vogliono andare dal gregge) vivono e parlano passando per la porta che è Gesù -, allora ascoltano la voce di chi parla, perché il suo messaggio diventa credibile e carico di buone notizie. Altri, anche se vengono in mezzo al gregge, non li ascolteranno.
Anche noi in questo momento, sulla soglia della casa in cui siamo chiusi da tanto, sentiamo molte voci: quali di queste parlano di Gesù e hanno il suo stile, mite, paziente e pronto a dare se stesso perché gli altri abbiano vita? Il Vangelo ci chiede di fare discernimento, per poter entrare, uscire e trovare pascolo.