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14 - Gen - 2022

II Domenica T.O. anno C

Tempo Ordinario

II Domenica Tempo Ordinario

Anno C

(Is 62,1-5   Sal 95   1Cor 12,4-11   Gv 2,1-11)
Domenica 16 Gennaio 2022

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il vino è l’elemento centrale della festa. Ovviamente si tratta di un dato culturale, ma nella Scrittura è indubbiamente così. Non per niente nel gesto che Gesù ci lascia per renderlo presente, insieme al pane da condividere (per avere vita e forza) c’è il vino da gustare insieme (per avere gioia). Ma se il vino è l’elemento centrale della festa, non è possibile che essa continui quando il vino finisce. Questa è la situazione in cui si trovano Maria e Gesù durante il matrimonio al quale stanno partecipando a Cana di Galilea: è finito il vino. Tutta l’esultanza, la bellezza, l’allegria che ci viene descritta dalla prima lettura in cui il popolo è indicato come la gioia e la delizia del Signore sembra svanire: la festa viene bruscamente interrotta, perché non è più possibile sentire e condividere la gioia.

Spesso la chiesa si sente così. Spesso l’umanità si sente così. Come se non ci fosse più motivo per festeggiare, come se mancasse la possibilità dell’ebrezza che ci fa leggeri e pronti ad affrontare la vita con la sua bellezza e la sua fatica. Manca il vino, mancano la fiducia e la speranza. Maria conosce le fatiche del popolo di cui fa parte, vede che non può rallegrarsi se Dio non lo visita, se il popolo stesso non diventa una magnifica corona in mano a Dio (per usare le parole della prima lettura) e se Dio non gli dona la giustizia e non lo salva. Lei percepisce tutta l’amarezza e lo sconforto di fronte all’impossibilità di fare festa e di rallegrarsi: un’impossibilità di gioire ancora più drammatica quando ci colpisce in luoghi che per loro natura, come la gioventù, le nozze, ma anche il servizio ecclesiale e le relazioni, sono fatti per rallegrarsi. E così la festa minacciata dei due sposi di Cana diventa per lei un segno evidente della minaccia che incombe sul popolo intero e su ciascuno. Va da Gesù – certa che lui avrebbe capito – e lo mette di fronte ai bisogni di quelli per i quali è venuto: non hanno più vino. La tua gente, il popolo di Dio, è privato della gioia.

Lei individua – secondo il racconto di Giovanni – il momento opportuno perché Gesù inizi la propria missione. Lui non è ne convinto in un primo momento (non è ancora giunta la mia ora) ma poi cambia idea e dall’acqua ottiene del vino, vino buono (come il competente maestro di tavola sottolinea). Proprio quando la festa sembra non essere più possibile, quando ci sembra (per esempio) di non riuscire più ad essere chiesa o ad esserlo in modo credibile, ecco che Dio dona il vino buono, perché lui stesso vuole rallegrarsi per la giustizia del suo popolo e per la sua salvezza. Questo vino buono può essere gustato in molti modi: nell’ascolto della Parola di Dio, nel pentimento e nel desiderio di conversione, nella cura sincera e appassionata per gli altri e per la vita, ma forse, lasciandoci guidare dall’insieme delle letture di questa seconda domenica del tempo ordinario, possiamo dire che questo vino buono nella chiesa si può gustare anche nei doni che gli altri ricevono e con i quali ci nutrono.

La seconda lettura infatti (celeberrimo brano della prima lettera ai Corinzi) ci parla della chiesa come di un corpo le cui membra siamo noi, ciascuno e ciascuna di noi che riceviamo una manifestazione particolare dello Spirito per far vivere tutto il corpo. Il dono fatto a una o a uno (e non ci sono doni più importanti di altri nemmeno quando prendono la forma ministeriale) è per tutti. Quello che ci serve per vivere, quello che serve a me per vivere non è in mio possesso, ma è stato dato ad altri e ad altre perché io possa avere la vita grazie e a loro (e loro grazie a me e al dono che Dio ha dato a me perché arrivi a tutti). Il vino buono nella chiesa può essere dunque questo reciproco offrirsi la vita, questa continua ricerca di ciò che Dio ci offre nelle sorelle e nei fratelli e questo continuo voler dare loro (perché vivano di più e meglio) quello che Dio ha dato a noi. È la gioia della comunione, della vita condivisa e della presenza dello Spirito, onorato proprio nel riconoscere e nell’accogliere i doni unici e sorprendenti che egli distribuisce.

Quando ci sembra che il vino sia finito, dunque, ricordiamoci che non siamo soli e che in molti luoghi diversi lo Spirito sta offrendo in qualcuna o in qualcuno proprio il dono che ci serve per ricominciare, rallegrarci e gridare col salmista: Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra, cantate al Signore, benedite il suo nome!