dalla mente al cuore, dall’orecchio alle mani …- XVII T.O.

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27 - Lug - 2019
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XVII Domenica del Tempo Ordinario

Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa

In molte culture l’ospitalità è un d

Ad una precisa richiesta dei discepoli, che possiamo indubbiamente fare nostra, Gesù insegna che cosa significhi pregare. L’inizio dell’insegnamento (l’invocazione “Padre”) e la fine (il detto sui genitori che, anche se cattivi, danno cose buone ai figli) racchiudono come in una cornice preziosissima il senso della preghiera cristiana, che consiste nel porsi davanti a Dio come si pongono i figli di fronte ai genitori. Siamo davanti a Dio consapevoli che lui è il Padre/Madre buono, che sempre ci ascolta e sempre vuole farci vivere. Non dobbiamo convincerlo a farci il bene, non dobbiamo insegnargli cosa darci, non dobbiamo ingraziarcelo o averne paura: è il Padre buono. Questa certezza incrollabile nell’amore di lui viene resa dal racconto sull’amico importuno che bussa di notte alla casa dell’altro: non si sarebbero alzati tutti, si alza solo l’amico che tiene davvero all’altro…l’insistenza funziona solo con chi ha il cuore aperto e Dio ha il cuore e l’orecchio teso verso di noi, tanto che non può resistere alle nostre insistenze.

Da qui l’atteggiamento caratterizzante la preghiera cristiana e fondato proprio sulla certezza di essere figli amati: la fiducia. Possiamo chiedere, bussare, cercare, perché dall’altra parte c’è il Padre buono. Ma di fronte a questo Padre e pieni di fiducia, che cosa dobbiamo chiedere? La preghiera del Padre nostro e la chiusa del Vangelo di questa domenica “il Padre darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono” si illuminano a vicenda e ci spiegano che qualunque cosa noi chiediamo (e come i figli siamo legittimati a chiedere tutto) riceveremo un dono più grande: lo Spirito. Infatti, di fronte a tutte le nostre domande, grida, sofferenze, paure, desideri, gioie e speranze, di fronte a tutto quello che viviamo e che mettiamo – o dovremmo mettere – davanti a Dio (in fondo la preghiera consiste nel mettere la propria interiorità e il proprio vissuto al cospetto di Dio in ogni momento), di fronte a tutto questo – qualunque sia la nostra richiesta e il nostro bisogno – Dio dona lo Spirito santo. Non risolve le questioni, non cancella le malattie o la morte, non procura il cibo né fornisce facili soluzioni: Dio non è il grande mago che manda ad alcuni il bene e ad alcuni il male. Dona, invece, in ogni situazione lo Spirito, perché si affermi sempre la vita. Viene cioè a vivere con noi tutto ciò che ci capita, donandoci il suo Amore. Questo Amore ci fa vivere in modo che il nome di Dio sia riconosciuto come santo (questo modo di vivere chiediamo dicendo “sia santificato il tuo nome”), ci fa lavorare in modo che il Regno si realizzi (chiediamo che la nostra vita diventi un germe del Regno quindi quando invochiamo il Regno), ci dà la possibilità di saziarci ogni giorno di quello che basta (chiediamo cioè di avere quello che ci serve per vivere e nulla più), ci fa scoprire perdonati e capaci di perdono (chiediamo dunque a Dio che lui giudichi tutti e doni a noi la capacità che ha lui di dimenticare il male fatto da noi e da altri) e non ci fa soccombere di fronte ad una prova troppo grande. Nel Padre nostro, in una parola, noi chiediamo lo Spirito, che ci permette di vivere non come i bambini a cui i genitori aggiustano tutto, ma come figli adulti e responsabili, spinti dall’Amore del Padre e decisi a scegliere la vita per sé e per tutti, fiduciosi che questo Spirito effuso conduca infallibilmente il mondo al Regno.
Questa è la logica della preghiera che spinge Abramo a voler salvare Sodoma e Gomorra ed è la logica che Dio condivide: amare e far vivere. Potrebbe sembrare persino ingiusto che per pochi si salvino molti malfattori, ma non è così perché la giustizia per Dio consiste nel dare continuamente nuove possibilità di vita. Non è giusto restituire a ciascuno il male fatto, ma dare a ciascuno la possibilità di vivere e far vivere. Così è stato anche per noi, ci ricorda la lettera ai Colossesi, perché anche noi eravamo morti a causa delle colpe (che lo sapessimo o meno poco conta), ma Dio ha annullato ogni documento scritto contro di noi per farci rivivere. Davanti a questo Dio della vita possiamo porci come figli fiduciosi e responsabili, perché su qualsiasi cosa ci capiti o ci passi nel cuore lui riversi il suo Spirito e questo ci spinga ad amare e dare la vita, finendo così per assomigliargli: tale Padre, tali figli e figlie.
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